Ci scusiamo per il disagio.

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Quando realizzo che un comico genovese diventa un politico, che, ancora, non sono riuscita a intrufolarmi nello spogliatoio di una squadra di rugby o che mi toccano tre lavatrici, è proprio in quel momento che la fuga dalla realtà diventa davvero attraente.

Sarà colpa del week end e della malinconica tristezza che ti costringe a un bilancio settimanale, sarà colpa della mamma in visita che, con la complicità della zia, ti fa notare quanti ti trascuri, ma quello che vorrei fare ora e sellare il mio destriero, (ma valutate anche le alternative come chiedere la macchina al fratello o gonfiare le ruote della bici) citofonare a un paio di amici ancora in preda al delirio alcolico del sabato sera e partire per esplorare nuovi orizzonti. Ché il mondo non finisce alle Colonne d’Ercole o al birrificio di Lambrate. (Sentitevi pur liberi di sostituire il birrificio di Lambrate con La Fata Verde, Il Boheme o Lulu Pub…)

Perché come ci ricorda il Francesco nazionale “nel mondo d’oggi dominato dall’ingiustizia […] c’è bisogno soprattutto d’uno slancio generoso, fosse anche un sogno matto”. E questo è il mio.

Nel Mulino che Vorrei il caffè che prendo la mattina non sa mai di bruciato, l’uso del deodorante diventa una pratica buona e giusta dei frequentatori di mezzi pubblici, i barboncini fanno la piega da Jean Luis David per evitare l’effetto crespo, i feltrini restano attaccati alle sedie per sempre, la parrucchiera non ti sbaglia mai il taglio, il chewing gum non perde il gusto crystal minds dopo 2 minuti, Brad torna insieme Jennifer, il tiramisù non fa ingrassare, acquagym rassoda davvero le cosce, il ragazzo del secondo piano diventa mio marito, le signore anziane non vanno al supermercato il lunedì sera alle 19.30 per prendere ½ litro di latte, i pomodori si vendono solo in estate, le feste aziendali vengono sostituite da tornei di briscola chiamata, gli imprenditori brianzoli vanno in pensione e Antonio Banderas diventa l’amministratore di condominio.

Sogni da simpatici rottami. E i vostri quali sono?

Elena

Don

Il Don Chisciotte non conosce confini e arriva a Oporto. La cantina Sandeman, fondata nel 1790, ha come simbolo l’uomo con il cappello e la mantella nera, il Don, creato nel 1928. Andate, degustate e leggete.

Don Chisciotte è un cosplayer

In fondo, ci sembra, non ci sono troppe differenze tra Alonso Quijano, una casalinga cultrice di telenovelas e un giovane otaku. Quello che li affratella tutti è la comune, bruciante passione per storie dagli intrecci complessi e universi paralleli: mondi spesso migliori, in ogni caso sempre più sensati del nostro.

A sostegno di questa forse bislacca idea arriva anche – al galoppo della critica letteraria–  Martìn de Riquer, uno dei cervantisti più illustri, mica pizza e fichi. Lo studioso in Don Chisciotte e Cervantes  ripercorrendo la biografia dello scrittore,  passa in rassegna tutta una serie di letture che devono aver solleticato la sensibilità del giovane Miguel: come il ciclo degli Amadigi che fa capo agli Amadigi di Gaula e quello dei Palmierini che inizia con le gesta di Palmerino di Oliva e prosegue con quelle di Primaleone, suo figlio.

Opere che gli aficionados del genere leggevano avidamente, tipo appassionati di fumetti di supereroi o serie tv. Era un po’ la letteratura di consumo dell’epoca e veniva sfornata con gran rapidità.  Ad esempio, i 32 canti del Palmierino e i 39 del Primaleone furono pubblicati a distanza di un anno l’uno dall’altro. Del resto, il pubblico era affamato di avventure e bisognava tenerlo buono con la promessa del to be continued, esattamente come i fan dei mangaka giapponesi contemporanei, oberati di lavoro e attorniati da lettori famelici di materiale sempre nuovo a cadenze impossibili.

Del resto, anche all’inizio del Don Chisciotte si dice che il nostro, in coda a un romanzo: «lodava nell’autore quel modo di terminare il libro con la promessa del seguito di quella interminabile avventura; e molte volte gli venne  la voglia di pigliar la penna e di finirla lui».

Ragazzi, per le avventure meravigliose della serie Eroici Cavalieri in lotta contro l’Infedele, la gente smaniava,  anche i  conquistadores, contemporanei del nostro caballero.

Una prova?

Nel Cinquecento si scoprì – dalle parti del Messico – una penisola. Si decise di chiamarla  come una terra citata nel romanzo Las Sergas di Esplandiàn, opera dedicata alle imprese del pargolo del buon Amadigi, dove si parla di «un’isola assai vicina al paradiso terrestre». Il fantastico paese della California ha così dato il nome a quello che sarebbe diventato lo Stato americano.

Allo stesso modo la Patagonia deve il suo nome al gigante Patagòn, fatto prigioniero dal discendente di Palmerino.

Se vi sta venendo il mal di testa, è più che naturale.

Capita anche a chi scrive quando il suo fidanzato attacca a sviscerare le meraviglie dei multiversi supereroistici delle saghe Marvel e DC, e le succedeva anche quando studiava un saggio su Guerre Stellari o Il Signore degli anelli.

Per padroneggiare un mondo narrativo bisogna calarcisi saldamente con entrambi i piedi del cervello. Se lo guardi da fuori, si fa un pelo fatica a comprenderlo. Ma se inizi a  entrare nel contesto di Miguel de Cervantes e Alonso Quijano e di quelli che erano i loro supereroi tutto inizia a diventare più chiaro. Strampalato ed estremo, ma non assurdo.

Quello che sto cercando di dire è che probabilmente Don Chisciotte è in primo luogo una specie di nerd, forse, più precisamente un cosplayer. Fa molto di più che prendere una penna. Si assembla un’armatura di cartone e ferri vecchi e parte, in quarta, alla conquista della gloria.

Gloria

Don Chisciotte o del leggere responsabilmente

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Da lettrice seriale, niente è paragonabile al piacere perverso di leggere un libro che ha per protagonista un lettore accanito come me. Figurarsi poi se il lettore in questione è un vero e proprio bibliofolle come Don Chisciotte: sono bastate poche pagine per far affiorare un sorrisetto complice sulle mie labbra mentre pensavo che io e il cavaliere in questione saremmo presto diventati migliori amici.

L’ingegnoso hidalgo della Mancia è quel tipo di lettore che vende le terre per comprarsi romanzi cavallereschi e che sta sveglio notti intere a riflettere su chi sia il migliore cavaliere di sempre tra Palmerino d’Inghilterra e Amadigi di Gaula. Per essere più invasati di così rimane solo da chiedersi qual è il romanzo più generazionale tra Holden e Siddharta o lo scrittore più fantasy tra Martin e Tolkien. Don Chisciotte s’immerge così tanto nelle pagine dei suoi libri da perdere la testa e decidere di prendere le armi, uscire dalla biblioteca e mettersi alla ricerca di dame da salvare e torti da ripare. Anche a costo di inventarseli. Io conosco gente che ha iniziato a parlare con i gatti dopo aver letto Murakami, o che giustifica l’uso di stupefacenti citando Borroughs, per dire.

Insomma Don Chisciotte uno di noi. Simpatizzare fino a identificarsi in lui è molto facile. E ad essere geniale è proprio il meccanismo alla Inception che si innesca pagina dopo pagina: ci si immedesima nel personaggio di un libro che a sua volta si immedesima nei personaggi dei libri che legge.

Don Chisciotte però non si limita a farsi coinvolgere dai libri che legge, a partecipare emotivamente alle vicende dei suoi beniamini. È così elettrizzato dalla lettura da perdere coscienza di se stesso  e credere la realtà diversa da quella che è, anche davanti all’evidenza. Il suo è un conclamato caso di bovarismo, o Madame Bovary è affetta da Don Chisciottismo, non lo so.

Il capolavoro cervantesco, proprio come il romanzo di Flaubert, è un romanzo complesso che solleva tante domande. Da lettrice ciò che più mi affascina rimane il tema del rapporto realtà-finzione, la messa in discussione del ruolo del lettore, dell’approccio alla lettura e degli effetti che leggere può avere sulla vita.  E da questo punto di vista Don Chisciotte mi pare il più grande libro sui libri che sia mai stato scritto. Anzi il più grande libro sui lettori e sulla responsabilità che essere lettori comporta.

Cosa vuol dire immedesimarsi? Il senso comune direbbe che significa riconoscerci in una storia o in un personaggio, entrare in un’altra dimensione, cartacea, per evadere da una quotidianità che pesa. Don Chisciotte e Emma dimostrano che il rischio di una immedesimazione superficiale è quella di costringere gli eventi a sottostare alle aspettative che ci si è creati leggendo, rimanendo di fatto sempre uguali a se stessi e prendendo delle grandi cantonate. Forse ci sono più livelli di immedesimazione, il processo non è poi così scontato. I lettori empatici hanno di che riflettere. Emma Bovary di lettura c’è morta. Quel che sarà dell’eroe della Mancia è tutto da scoprire.

Voi che cosa ne pensate? Leggete responsabilmente? Che ruolo ha per voi l’immedesimazione quando leggete?  

Viviana

Il Segnalibro Calendario, la potenza è nulla senza il controllo

Aggiornamento – Per chi non ha l’edizione Einaudi, ecco una tabella di marcia dettagliata che può aiutarvi a stare al passo!

 

Come insegna Lance Armstrong, tutto quello che serve per vincere il nostro Tour de la Mancia è metadone e disciplina.
Siamo saliti in sella alla nostra bicicletta, le ruote sono gonfie, le gambe depilate. Ora però dobbiamo mantenere il controllo e condurre il mezzo al traguardo. Sì, è vero, possiamo scegliere se aumentare o diminuire l’andatura. Possiamo cambiare marcia, perfino fermarci per allacciare le scarpe. Ma dobbiamo ricordare che la potenza è nulla senza il controllo.

E che il giro d’Italia non si fa in una tappa sola.
La regola numero uno è: sapere dove si vuole arrivare. E noi modestamente, grazie a questo segnalibro-calendario di ultima generazione, lo sappiamo.
Scaricate il Segnalibro Calendario, stampatelo e portatelo sempre con voi.
segnalibrook

Viviana

…Si parte!

Donchisciotte

Infinite Jest è stata una sfida lanciata da David Foster Wallace ai suoi lettori.

Leggerlo è stato impegnativo, ha richiesto metodo, disciplina, costanza e sacrificio: gli stessi sforzi richiesti ai giocatori di tennis della Enfield Academy. Qualcuno di noi ha vinto l’agone, qualcuno no.

Adesso è giunto il momento di passare a una nuova lettura. Usciamo dal campo da tennis e ci prepariamo a un salto indietro nel tempo di qualche secolo. Dalle propaggini della narrativa postmoderna siamo diretti verso uno dei primi grandi romanzi. Ci lasciamo alle spalle l’America per tuffarci nella Spagna a cavallo tra XVI e XVII secolo per fare la conoscenza di un nostro simile, uno decisamente fissato coi libri.

Del bizzarro figuro l’autore dell’opera, Miguel de Cervantes, ci dice che era un appassionato di storie di cavalieri, così intrippato dalle avventure dei suoi eroi che «passava le notti dalla sera alla mattina, e i giorni dalla mattina alla sera , sempre a leggere; e così  forza di dormir poco e di legger molto, gli si prosciugò talmente il cervello che perse la ragione».
Un caso di bibliofollia conclamata.

Il protagonista del libro, Don Chisciotte della Mancia, prende armi e bagagli e decide di mettersi a fare il cavaliere errante e di trasformarsi in un ibrido seicentesco tra Spiderman e Chuck Norris.
A partire da questo freddo gennaio 2013,  seguiremo le sue gesta sulle polverose strade iberiche.
Tener dietro alle sue imprese sarà la nostra nuova impresa.
Lancia in resta, amici!

Gloria